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Tra covid ed elezioni: negli Usa la sfida dei social network è contro le fake news

Tra covid ed elezioni: negli Usa la sfida dei social network è contro le fake news

Mai come quest’anno, la sfida dei social network sarà quella di combattere la disinformazione e le fake news. Negli Usa stanno svolgendo un ruolo fondamentale nelle imminenti elezioni presidenziali: nelle scorse settimane social come Facebook, Twitter, YouTube, e anche quelli meno strumentalizzati ‘politicamente’ come TikTok e Pinterest, hanno imposto direttive molto chiare su come arginare la disinformazione sulle elezioni e le modalità di voto. Nelle prossime settimane lo sforzo maggiore sarà quello di far rispettare queste direttive in caso di risultati elettorali non schiaccianti, o contestati.

Ma facciamo un passo indietro. La principale sfida di quest’anno per le social media company è stata quella di imporre rigide regole sulla diffusione di fake news sull’epidemia da Covid 19  spesso diffuse proprio dagli account social di politici, Trump in primis, e i suoi organi di partito. Stando ai dati ufficiali sono più di 7 milioni i post rimossi da Facebook e Instagram con informazioni sbagliate sul virus, e 98 milioni le ‘etichette di avvertimento’ applicate a contenuti social giudicati fuorvianti. Stesso procedimento si è verificato nell’arginare gli effetti a cascata dei post social di Trump e alleati sulle frodi elettorali che si sono moltiplicati, soprattutto, nell’ultimo mese.

Ben venga il divieto di nuove adv politiche nelle settimane che precedono le elezioni o di diffondere informazioni premature sui vincitori, o la rimozione di post falsi sui risultati delle elezioni, o anche le etichette di avvertimento ai post che minano il risultato stesso delle elezioni. Ma saranno sufficienti a bloccare un processo messo in atto molto prima, quello cioè di insinuare il dubbio che l’intero processo elettorale sia una farsa?

‘Nella notte delle elezioni, il diavolo sarà nei dettagli’, afferma al Times Graham Brookie, direttore dell’Atlantic Council’s Digital Forensic Research Lab, istituto che traccia la disinformazione esponendo e tracciando fake news.

Quand’è che un’imprecisione diviene bufala, il pettegolezzo diviene notizia, o la fake news diviene strumento di propaganda o di business? Ne avevamo già parlato qui

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Meno articoli, più giornalisti, più lettori: la formula vincente di Le Monde

Meno articoli, più giornalisti, più lettori: la formula (vincente) di Le Monde

Qual è la formula in grado di decretare il successo di una testata giornalistica? Forse il contenimento dei costi, meglio se accompagnato da un aumento della produttività. Con le nuove tecnologie, poi, è ancora più semplice: un giornalista da solo può confezionare molti più articoli oggi rispetto al passato. Quindi: più articoli, più clic, più guadagni per la testata. Sembra sensato, eppure l’industria dei media tradizionali è in crisi, mentre quelli che si sono salvati lo hanno fatto a discapito della qualità.

Lo scorso 20 gennaio, il direttore del quotidiano francese Le Monde Luc Bronner ha postato un tweet che sembra legittimare un cambio di rotta: per salvare il giornalismo, un’altra strada è possibile.


Scrive Luc Bronner che, fra il 2018 e il 2019, Le Monde ha ridotto del 14% il numero degli articoli pubblicati e che, parallelamente, ha assunto più giornalisti – per un totale di circa cinquecento persone che lavorano per la testata – dando loro il tempo di concentrarsi maggiormente sulle inchieste.

Il risultato? Il numero di lettori sul web (e sulla carta!) è aumentato dell’11%. Più giornalisti, meno articoli, più lettori. Un’equazione che a primo impatto ha dell’incredibile, ma che in realtà nasconde un’intuizione alquanto semplice. Puntando su un giornalismo di prima scelta, il numero dei lettori è aumentato.

Il caso Le Monde – meno isolato di quanto sembri – pare suggerire che, in un mondo affollato di notizie gratuite scadenti, postate frettolosamente e a volte volutamente fasulle, c’è un pubblico disposto ad acquistare un’informazione sicura, affidabile, verificata. È lo stesso ragionamento che ogni mese spinge milioni di persone a pagare l’abbonamento a Netflix o a Spotify: la garanzia di un prodotto di qualità!

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Denzel Washington ha accusato la stampa di diffondere fake news

Denzel Washington ha accusato la stampa di diffondere fake news

«Se non leggi i giornali non sei informato, se li leggi sei male informato». In due semplici battute, la diagnosi e la critica, lo smarrimento e il paradosso dell’uomo contemporaneo di fronte al dibattito globale su quella che è stata definita “post verità” o fenomeno delle fake news.

A pronunciarlo in una breve intervista è stato l’attore statunitense Denzel Washington. Che si è aggiunto così all’ormai vasto coro di critiche verso la dilagante disinformazione propagata dal circuito mainstream.

Una delle maggiori problematiche del giornalismo contemporaneo – spiega l’attore – riguarda il concetto di “verità”. Nel momento in cui la preoccupazione principale per chi si occupa di informazione consiste nel comunicare una notizia prima di tutti gli altri – spesso a discapito dell’autenticità dei dati e di una corretta identificazione delle fonti – automaticamente chi legge i quotidiani corre un enorme rischio: quello di essere disinformato.

Si tratta di questioni complesse, opache, contraddittorie, dove la zona grigia è molto più ampia del bianco e del nero. Quand’è che un’imprecisione diviene bufala, il pettegolezzo diviene notizia, o la fake news diviene strumento di propaganda o di business? È cambiato lo scenario dei media, i ruoli sono meno chiari e le responsabilità poco definite.

C’è chi per “curare” la malattia delle fake news adopera il fact checking, ossia la confutazione, attraverso strumenti o fonti attendibili, delle bufale che circolano in rete, sui giornali o in tv. Ma così decade automaticamente quella che è, a tutti gli effetti, la maggiore responsabilità dei giornalisti.

Come ha detto l’attore si tratta semplicemente di: «dire la verità. Non solo arrivare per primi, ma dire la verità».

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